| Quando una notizia così tragica ti coglie d’improvviso la tua emotività è messa dura prova ed una ridda di sentimenti affiorano dal tuo io. E’ difficile definirli in modo netto, è un misto di rabbia, commozione, disperazione, odio, frustrazione che, ottenebrando la tua mente, rischiano di farti perdere il senso morale e la coscienza impedendoti di ragionare in modo razionale.
Nella saggezza dei proverbi si può osservare che “a sangue caldo nessun giudizio è saldo” bene, adesso che l’ira è sopita forse vale la pena di tentare una riflessione su quanto sta accadendo.
Al di là di qualunque stereotipo del tipo “pace senza se e senza ma”, “ritiriamo immediatamente i nostri militari”, “mandiamoci i figli dei ministri a Kabul” e lungi dal voler fare alcun percorso della storia passata e recente che ci ha portati in Afghanistan ne tantomeno di giudicarlo, mi pongo solamente una domanda: è servito e servirà a qualcosa il sacrificio di questi come di tanti altri giovani?
C’è una distanza abissale che separa il mondo islamico da quello occidentale e siamo veramente certi che questa catena di morti produrrà un riavvicinamento?
Dato per scontato che il principio naturale che regola i rapporti umani è quello della domanda e dell’offerta, viene spontaneo chiedersi se all’ “offerta di civilizzazione” che stiamo tentando di vendere in Afghanistan corrisponda una reale domanda di quel paese. Me lo chiedo perché, se ne fosse stata avvertita la benché minima esigenza, di fronte alla continua strage di civili le popolazioni locali sarebbero dovute insorgere contro i taleban o al-qaeda che sono i principali responsabili dei massacri.
La verità è che la cultura di parte del mondo arabo è inconciliabile con quella occidentale su un punto fondamentale: il valore della vita.
Mi riferisco a quelli che vengono definiti fondamentalisti e che hanno fatto della sharia nella sua forma e lettura originaria il loro vessillo. Quelli che mirano all'inceppamento e alla distruzione dei meccanismi sofisticati del mondo occidentale con le armi più semplici e primitive: qualche coltellino per bloccare i voli aerei ed abbattere le Torri Gemelle. Il coltellino però funziona ad una condizione: che sia soltanto la banale propaggine di una persona che usa se stessa come arma. Che può in qualunque momento trasformarsi in bomba, ma può anche essere uomo in mezzo agli uomini.
Quelli che hanno educato gruppi di giovani a comportarsi da bombe, non da uomini. L'11 settembre è stato il grande spot pubblicitario dell'impresa Bin Laden and Co.: le televisioni di tutto il mondo hanno mostrato in diretta a tutto il mondo l'efficacia dell’azione. Molti si sono convinti che, se basta aver a disposizione uomini-robot per distruggere il nemico e conquistare il mondo, occorre educare milioni di giovani a trasformarsi in robot. Come? Con la promessa di una gloriosa vita eterna dopo il martirio, e di grandi onori alla loro memoria qui in terra. Dicendo loro che dall'altra parte non esistono uomini, ma figli di Satana, e che la vita in terra acquista significato e valore soltanto nel morire combattendo contro Satana.
Una volta accettato il principio che la massima aspirazione della vita umana è il martirio in nome di Dio e contro Satana, la tattica suggerisce di usare gli uomini come arma non soltanto per attacchi al nemico, ma anche per moltiplicare i martiri a causa del nemico. Dunque lanciare un’auto-bomba contro gli invasori in un quartiere affollato raggiunge più effetti: mina la forza nemica, aumenta il numero dei martiri, crea nuovi proseliti tra coloro che sono disposti a morire per vendicare i propri cari deceduti a causa dell’ ”invasore” e non per l’azione terroristica.
La realtà, dunque, è che stiamo percorrendo un campo minato da radicali differenze culturali prima ancora che da ordigni e che le possibilità di raggiungere un qualche risultato appaiono, allo stato attuale, scarse se non addirittura impossibili.
La comunità internazionale dovrebbe, a mio avviso, prendere atto di questa realtà attuando da un lato un piano di progressivo disimpegno e dall’altro un rafforzamento delle misure antiterroristiche sul proprio territorio.
Se ne potrà riparlare solo quando qualcuno dei presunti martiri tornerà dall’aldilà spiegando ai suoi fratelli che non esiste niente di quanto era stato loro promesso e che lo Janna è tutta un’invenzione.
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